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Durante il viaggio di rientro avevo un sorrisetto ebete stampato in viso, immaginavo di guardare me stesso seduto dal posto di fronte. Ogni tanto qualche parolina dolce di Cecilia mi distoglieva l’attenzione e allora cominciavo a guardare fuori dal finestrino. Poi ritornavo a guardare me stesso.
Dove era finito Arturo Battaglia in questi ultimi anni? Da quanto tempo non stava più così bene. Incominciai un piccolo viaggio mentale a ritroso nel tempo. Convenni con me stesso che perdersi è la cosa più facile che possa esistere, talvolta ci si perde e non sai nemmeno tu il perché. Improvvisamente ti trovi in un altrove fatto di svogliatezza che non riesce mai ad equilibrare i tuoi desideri. Sembra di non desiderare niente, vivi un intermezzo, avvolto dalla consapevolezza che bisogna andare avanti, ma avanti non vedi niente, dietro ti sembra sempre lontano e il presente fai fatica a distinguerlo, un torpore, una via di mezzo. Poi ti rendi conto che perdersi è l’unico modo per ritrovarsi. Per sopperire a questo stato, ricordo che incominciai a fare di tutto: viaggiavo e, date le mie doti intuitive e la mia capacità di inventare mondi con la scrittura, venni più volte precettato per qualche indagine. Ciò soprattutto perché, quando vivevo a Milano, avevo un amico commissario che mi chiedeva sempre un aiuto, fintanto che una volta partecipai attivamente ad una indagine che all’epoca coinvolse il mio editore. Dovemmo dimostrare in tutto e per tutto la sua innocenza altrimenti si sarebbe preso un ergastolo. Quando si dice trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. L’indagine durò più di due anni di cui uno il mio editore se lo passò in galera. Non fu facile dimostrare la sua innocenza ma ce la facemmo. Milano aveva risvegliato in me tutti questi ricordi, e, per tale motivo, sapevo che il mio editore avrebbe trovato una soluzione per venirmi incontro. Beh! Dopotutto ci guadagniamo entrambi.
Che affollamento di pensieri ma che, per la prima volta, avrebbero trovato una collocazione spazio temporale mentale.
Appena arrivati alla stazione facemmo rientro alle rispettive case con l’intenzione che ci saremmo rivisti il giorno successivo.
In effetti i rapporti sentimentali si basano sulla voglia costante di condividere il giorno con l’altro senza l’ansia del per sempre e del come.
La mattina seguente, alle 8:00 in punto, mi recai direttamente al commissariato dove mi stava aspettando l’ispettore capo Molli. Dopo qualche breve inconvenevole arrivammo a parlare del caso in questione.
Elena era lì trattenuta già da tre giorni e stavano aspettando il placet del magistrato per avviare l’interrogatorio, che sarebbe arrivato a breve, ed infatti, avevano fissato che ciò avvenisse l’indomani mattina. Passammo quando la mattinata ad esaminare tutte le carte e tutto ciò che si legasse ad Elena , Fabio, e perché no, Dante.
Il povero giovane ormai, stava quasi per passare un anno, non aveva ancora un colpevole, qualcuno da punire , qualcuno che paghi per ciò che ha commesso. Quante cose erano successe nel frattempo è quanto questa morte ancora impunità mi spingeva ancor di più a cercare la verità.
A volte sorrido quando penso al concetto di verità, perché alla fine, pur scoprendo il colpevole, sappiamo benissimo che la verità nessuna la saprà mai.
Dante non vivrà il suo futuro e chi gli ha voluto bene dovrà convivere per sempre con quella tristezza nel cuore.