Post 37
I giorni passavano ed Elena, chiusa nel suo mutismo, non era accessibile a nessun tipo di dialogo.
Decidemmo allora di fare qualcosa per smuovere un poco la situazione. Dopo attente valutazioni convocammo Fabio in commissariato, forse speravamo che la sua presenza ci potesse aiutare a capire e a prendere nuove decisioni.
Fabio si rese particolarmente disponibile. Venne di buon grado in commissariato e si mostrò disposto ad aiutarci.
Certo era che dovevamo operare una strategia in merito. L’unica cosa che ci venne in mente di fare fu quella di portare Fabio in ospedale, come se spontaneamente l’andasse a trovare, e di aspettare che succedesse qualcosa, senza sapere cosa.
Ponemmo sulla tasca interna della giacca di Fabio una microcamera con microfono ambientale così da poter assistere al tutto senza presenziare.
Era una novità per noi, non avevamo ancora usato nulla del genere.
Comunque preparammo Fabio e lo portammo nel primo pomeriggio in ospedale. Il ragazzo salì in camera che era sempre piantonata dai nostri agenti. Noi restammo nel furgone in cui c’era tutto l’occorrente per ascoltare e vedere ciò che sarebbe successo.
Quando Fabio arrivò non venne nemmeno salutato dalla ragazza, non rispose a nessun segnale del ragazzo il quale cominciò a sentirsi in forte difficoltà.
Cercò di trovare più connessioni, soprattutto attraverso cose che avevano in comune.
Partì ricordando il periodo del teatro, gli stages fatti insieme, le serate al pub, e soprattutto quando facevano uso di sostanze stupefacenti insieme.
Niente, nulla smuoveva la ragazza.
Avendo notato l’enorme difficoltà, dopo un paio d’ore, salimmo in reparto e senza farci vedere da Elena chiedemmo al piantone di fare uscire Fabio con una qualche scusa plausibile.
L’agente così fece e, tempo pochi minuti, vedemmo Fabio uscire dalla stanza.
Ci allontanammo senza farci vedere e ci seguì. Uscimmo dal reparto e cominciammo a discutere su quale strategia intraprendere. Fabio ci fece capire che la ragazza fosse totalmente catatonica, insensibile a qualsiasi stimolo e non sapeva davvero come fare per scuoterla. Mentre stavamo parlando ci trovammo travolti da un po’ di gente che stava accorrendo presso il reparto, lì per lì non capimmo la motivazione fintanto che non vedemmo il piantone venirci incontro e che in maniera molto agitata ci invitava ad accorrere perché era successo qualcosa di molto grave. Non continuammo più la conversazione e cominciammo anche noi a dirigerci verso la stanza di Elena. Venimmo bloccati all’ingresso della stanza dal medico di turno che era accorso con parte dell’equipe medica e comunque con tutto il personale di turno. Ci dissero che era successo qualcosa di molto grave ma che era bene che non ci affacciassimo, chiamammo stesso noi la scientifica…