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Elena come impazzita stava sbattendo violentemente la testa contro il muro e il tutto in un silenzio surreale. Sembrava che la ragazza fosse di gomma, non emetteva nemmeno un gemito di dolore. Inutile sottolineare che i sanitari subito intervennero e le diedero un sedativo. La stanza dell’ospedale non offriva nessun altro modo per suicidarsi.
Ebbi come la sensazione che Elena non volesse suicidarsi ma farsi proprio del male, quasi come se stesse provando a se stessa che il dolore per lei non esistesse.
Purtroppo ebbe dei danni permanenti soprattutto legati alla sfera cognitiva e del linguaggio.
Venne portata in sala operatoria d’urgenza e ciò che ci venne restituito fu il nulla assoluto.
Eravamo tutti sotto shock!
Da una parte la nostra empatia nei confronti di una giovane vita dilaniata dal dolore e dal senso di nulla, dall’altra la sensazione di non scoprire mai la verità e che il segreto sia stato portato via dai ricordi di Elena.
Il trauma le aveva provocato un problema di natura neurocerebrale per cui le speranze di sapere qualcosa erano praticamente pari a 0.
Tornammo ognuno alle proprie dimore.
Anche stavolta una pesantezza ed un senso di impotenza avvolgeva le nostre teste ed i nostri cuori.
La giornata era stata tersa ed ormai volgeva alla fine, una serenità ambientale che contrastava fortemente col dolore che avevamo internamente.
Non appena feci ritorno a casa non ebbi nemmeno la forza di aprire la porta feci dietro front e mi diressi come una furia da Cecilia.
Dopo essere arrivato a casa sua bussai forte alla porta.
Cecilia aprì e vide davanti a sè un fantasma, ero io, distrutto dal mio sentirmi, in quel momento, totalmente inutile. Mi raccolse sull’uscio e mi portò in cucina, dove, senza nemmeno chiedermi niente, e senza nemmeno parlare, cominciò a prepararmi qualcosa di caldo.
Dopo che ebbi bevuto e mangiato cominciai a rilassarmi un poco. Andammo sul divano e iniziai a raccontarle quanto fosse successo. Lei ascoltava, mentre ascoltava mi guardava dolcemente e seguiva il mio discorso con delle facce di accomodamento.
Sentiva quello che io sentivo…e si sentiva e tanto.
Passai la notte lì. Non avevo proprio voglia di stare da solo.
Avevo gli sguardi di tutti fissi addosso e la situazione era molto pesante.
Coi colleghi eravamo rimasti che ci saremmo sentiti l’indomani mattina.
Nessuno di noi aveva la più pallida idea di cosa fare, anche se sapevamo come procedere.