Se c'è una cosa che hanno sancito queste ultime elezioni USA, è la fine totale delle classiche reti emittenti televisive, ma soprattutto il loro ruolo "istituzionale", di enti preposti a divulgare le notizie certificate, quelle "vere", e non le cosiddette "fake news" .
Sono finiti i tempi in cui si accendeva il vecchio televisore col tubo catodico, e davanti alla cene si ascoltavano i telegiornali come fossero delle fonti incontestabili per informarsi delle notizie più importanti dal mondo.
I più intellettuali, o forse che facevano finta di esserlo, andavano la mattina in edicola e si compravano più giornali: l'uomo di mezza età con il corriere della sera sotto un braccio, e la Repubblica sotto l'altro, faceva la figura di uno che si informava seriamente della situazione geopolitica odierna.
E oggi, invece, ci siamo emancipati da questi carrozzoni vetusti, che hanno perso ogni credibilità, e che perdono lettori e telespettatori alla velocità della luce: molti dei giornaloni, vanno avanti grazie ai contributi statali, e non certo agli introiti delle vendite, visto che neanche i loro parenti comprano questi giornalacci.
E ne è stato un grande esempio la campagna elettorale precedente al voto USA, in cui il candidato Donald Trump ha fatto scacco matto ,a livello mediatico, alla rivale Kamala Harris, e tutto questo grazie alla partecipazione ad un podcast.
E che podcast... sto parlando di Joe Rogan, il podcast più seguito a livello mondiale, che fa numeri di visualizzazioni sempre nell'ordine dei milioni di utenti connessi, con numeri sempre crescenti, e con la possibilità di partecipare scrivendo commenti e parlando con gli altri spettatori.
Ironia della sorte, Joe Rogan aveva invitato per prima Kamala Harris, che se l'è tirata non poco, dicendo di voler fare 1 ora invece di 3, voleva stabilire lei la sede, non volendo andare nello studio di Joe, e si parla anche di altri paletti sulle domande: beh, possiamo dire che Kamala ha praticamente rifiutato l'intervista......
Gravissimo Errore.
Perchè Trump, invece, ha accettato subito l'offerta di Joe Rogan, e ha partecipato all'intervista, lunga 3 ore, che ha collezionato più di 49 milioni di visualizzazioni, ed è stato un vero successo, soprattutto nel pubblico dei giovani e giovanissimi.
E dopo Trump, sono andati sullo stesso podcast, J.D. Vance, candidato vice presidente, ed Elon Musk, anche lui schierato dalla parte del repubblicano.
Invece, il partito democratico è restato a guardare, organizzando un paio di ospitate nei polverosi divanetti della TV: roba da "Boomers", direbbero i giovani di oggi.
I podcast, infatti, sono uno strumento molto più fresco e moderno, che fanno uscire anche il lato umano dell'interlocutore, rispetto ai dibattiti politici televisivi, con i loro limiti di tempo, dove tutti si parlano addosso e nessuno capisce nulla.
No c'è nulla da fare, i tempi di internet sono diversi da quello televisivi, non ci sono, sulla rete, tutte questi limiti di minutaggio imposti dai palinsesti e dalle interruzioni pubblicitarie è per questo che la TV non potrà mai stare al passo.
Grazie dell'attenzione e alla prossima.